Luglio 2020 – L’anno scorso, in questo periodo, una delle frane più importanti dell’arco alpino metteva in apprensione un’intera valle. Dal momento che per cause straordinarie abbiamo poi tutti vissuto situazioni di chiusura per Covid-19, ci sembrava interessante e costruttivo raccontare una bella storia di collaborazione transfrontaliera, in particolare nell’ambito delle misurazioni di precisione. L’Istituto scienze della Terra della SUPSI ha così contribuito al monitoraggio ed alla conoscenza delle dinamiche della frana in oggetto.

L’Alta Valtellina è conosciuta ed apprezzata nel mondo per le sue le sue bellezze naturalistiche, per le rinomate località d’interesse sportivo, storico, culturale e culinario. Insieme a Bormio e Livigno, Santa Caterina Valfurva offre una vasta offerta turistica e ricreativa tra cui spiccano gli sport invernali. In questo territorio avvengono spesso anche competizioni di richiamo internazionale come la Coppa del Mondo di Sci Alpino.

Santa Caterina Valfurva è la frazione principale del Comune di Valfurva, in Provincia di Sondrio, che si trova all’interno del Parco nazionale italiano dello Stelvio. La località è direttamente raggiungibile da Bormio percorrendo i primi 12 chilometri della strada provinciale 29 lombarda che porta al Passo di Gavia. Questo alto valico rimane chiuso in inverno, tanto che con la stagione fredda non è possibile arrivare a Santa Caterina da Ponte di Legno sul versante bresciano.

Sul fondovalle, lungo la strada provinciale 29 che corre parallela al torrente Frodolfo, la viabilità è minacciata dalla frana storica del Ruinon. Si tratta di un imponente movimento di massa sul versante idrografico destro.

Da fine maggio 2019 l’area della grande frana del Ruinon ha evidenziato una riattivazione dei movimenti, tanto che a partire da metà giugno 2019 gli spostamenti ed i crolli di massi hanno iniziato ad essere molto importanti. I livelli di criticità sempre crescenti hanno imposto l’obbligo di chiusura per diversi mesi della strada sottostante, con conseguente interruzione del collegamento per Santa Caterina.

La riapertura della strada è avvenuta solo a fine novembre 2019, quando si è registrato un deciso rallentamento degli spostamenti superficiali, come pure l’assenza prolungata degli eventi di crollo verso valle.

La frana del Ruinon è monitorata da anni, ma durante tutto il periodo critico del 2019 questa è stata tenuta sotto stretta osservazione (h24) da tutte le entità coinvolte, in particolare dai tecnici del Centro di monitoraggio geologico di Sondrio di ARPA Lombardia, con il prezioso coordinamento della Protezione Civile Regionale.

La sorveglianza del Ruinon viene condotta con l’ausilio di diverse tecnologie, ma il sistema di monitoraggio principale dei movimenti del versante consiste di un Radar terrestre (interferometria SAR) che acquisisce e trasmette dati in tempo reale.

Durante i cinque mesi di forte attività della frana questo sistema di monitoraggio ha fatto registrare spostamenti che, in alcuni punti della parte inferiore del versante, hanno raggiunto fino a 2 metri al giorno.

Per un periodo ben definito l’Istituto scienze della Terra (IST) della SUPSI di Lugano ha contribuito al monitoraggio della grande frana del Ruinon ed alla comprensione geologica degli accadimenti. Più precisamente sono state effettuate due campagne di misurazione, la prima il 19 settembre 2019, mentre la seconda il 10 ottobre 2019.

Durante queste due giornate di rilievo è stato utilizzato uno strumento di tipo Laserscanning territoriale, modello VZ-4000 della ditta RIEGL. Questa apparecchiatura di alto livello emette e riceve impulsi laser ad altissima velocità ed è in grado di lavorare su lunghe distanze, fino a 4 chilometri. I risultati diretti del rilievo sono una rappresentazione della realtà tramite Nuvole di punti in 3D, con l’ottenimento di informazioni associate ad ogni punto della Nuvola. Tra le più importanti c’è la Riflettanza, cioè l’intensità del segnale riflesso.

Il post-processamento dei dati rilevati sul terreno per le due epoche di misurazione è stato condotto in tre fasi. In una prima fase si è proceduto con una comparazione delle Nuvole di punti in 3D su tutta l’area d’indagine attraverso un calcolo automatizzato delle differenze. Nella seconda fase l’analisi di comparazione è stata fatta focalizzando l’attenzione sul settore al di sotto della nicchia bassa della frana caratterizzato da un’area allungata di colamento di terreno. La terza e ultima fase ha riguardato l’osservazione dei capisaldi topografici (prismi o specchietti di Stazione totale – teodolite) già presenti sul versante e registrati anche con il laserscanning.

Fase 1 – I risultati della fase 1 hanno permesso di distinguere e quantificare, rispetto al punto di osservazione al Laserscanning, le zone con differenza positiva e negativa tra l’epoca del 19 settembre e quella del 10 ottobre 2019. In altre parole sono state identificate le perdite (erosioni e crolli di massi avvenuti nell’intervallo di monitoraggio), come pure gli apporti di materiale (avvicinamento del versante al punto di presa ed accumuli). Inoltre è possibile determinare volumi di perimetri a scelta, e gli spessori di deposito che nella zona del piede di frana hanno registrato un’altezza massima di 3.8 metri. Da questa prima fase non è ancora possibile mettere in evidenza gli enormi spostamenti evidenziati con il metodo dell’interferometria SAR, ma è stato già possibile confermare la presunta stabilità di alcune aree, come ad esempio la grande parete affiorante detta “Liscione” al centro dell’area di pericolo.

Fase 2 – I risultati della fase 2 sono i vettori di spostamento tra alcuni elementi morfologici ben riconoscibili (per esempio lo spigolo di un masso in superficie) su entrambe le Nuvole di punti 3D delle due epoche di misurazione. Si è costatato che al centro del colamento di terreno i movimenti di scivolamento traslazionale seguono la pendenza del versante attestandosi su valori molto alti, anche fino a 32 metri per i 22 giorni di osservazione da parte dell’IST-SUPSI.

 

Fase 3 – In base alle misurazioni maggiormente precise ed affidabili effettuate su una ventina di appositi specchietti topografici, la fase 3 ha dato conferma che gli spostamenti più importanti si concentrano lungo il colamento di terreno, mentre per gli altri settori del versante vi è una relativa stabilità. Nello specifico l’unico punto ubicato nella zona di forte movimento è scivolato verso valle di oltre 26 metri, conformemente con i risultati ottenuti nelle fasi precedenti.

Il contributo delle osservazioni al Laserscanning da parte di IST-SUPSI ha avuto una duplice utilità, ovvero arrivare ad una maggior comprensione sul comportamento della frana del Ruinon, come pure confermare tramite un controllo efficace i risultati del già esistente sistema di monitoraggio al Radar SAR.

Poter disporre di dati scientifici affidabili da fonti diverse potrà sicuramente dare un’ulteriore conoscenza alla dinamica della frana, al fine di arrivare ad interventi di progettazione efficaci e soluzioni durature di messa in sicurezza dell’intera area.

Ing. Alessio Spataro

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